La mia africa

Utilizzando il titolo del ben noto libro di Karen Blixen, volevo postare una fotografia della mia Africa.
A fine Settembre ho viaggiato in Namibia per dodici giorni con la mia compagna in completa solitudine. Noi due, una macchina 4x4 e tanta tanta polvere da mangiare.
Quattromila chilometri totali per lo più di strade sterrate.
Da tempo abbiamo deciso che i nostri viaggi non devono essere all'insegna del comfort e della comodità. Ogni meta, ogni metro che percorriamo, dovrà essere sudato. Per questo odio chiamarle vacanze. Non sono vacanze, sono viaggi. Sono esperienze.
Siamo stati fortunati, non abbiamo bucato nemmeno una volta, e a vedere le gomme delle altre jeep, mi sono reso conto di quanto sia stato incredibile aver guidato così tanto e così facilmente, senza un solo intoppo. In un paese dove si può viaggiare per quattrocento chilometri al giorno senza incontrare una sola auto, nella savana spietata e nel deserto più solitario, non è poi così banale, e me ne sono reso conto perlopiù a viaggio concluso.
Di cose da raccontare ne avrei a milioni, come l'incontro con un leone sdraiato e ansimante a pochi metri dalla nostra auto nel Parco Etosha (sembra un incontro scontato, ma non lo è per niente).
Abbiamo donato le magliette agli Himba nel Damaraland, abbiamo corso sulle dune del deserto più antico del mondo nel Namib, dove il rosso fuoco della sabbia si incontra con un azzurro intenso che non pensavo potesse esistere senza i filtri di Instagram.
Abbiamo mangiato piatti tipici del luogo, perlopiù a base di gazzelle, che sono numerosissime ovunque. Il primo impatto con una giraffa a bordo strada, come qui da noi può accadere con un gatto. In Namibia ti attraversano i babbuini. E sono pericolosi.
Non mi basterebbero migliaia di parole per descrivere tutto quello che abbiamo visto e vissuto in quel poco tempo che avevamo a nostra disposizione. Abbiamo solo provato a viverlo a piene mani, senza barriere e filtri che potessero separarci da un luogo così selvaggio.
E così la foto che voglio mostrare è semplicemente il ritratto della strada che da asfalto diventa sterrato, l'abbandono di ogni comfort a favore dell'immersione totale nella natura. La metafora di un viaggio, non di una vacanza. E alla fine anche un pò della vita.



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