Che libri leggi?

Chi non si è mai sentito rivolgere questa domanda?
La variante, per chi scrive, è l'odiatissima: che genere di libri scrivi?
Sempre per chi scrive, la frase che fa imbestialire è invece: hai fatto un altro libro? Che genere è? Perché sai, a me non piace molto (aggiungere genere che non aggrada).
Francamente odio le etichette e il dover inscatolare on'opera, che sia letta o scritta, ma di questo parlerò in un altro post, perché ora voglio concentrarmi su altro.
Nel caso si dovesse soddisfare quell'innaturale brama di gettare nero su bianco delle parole su un foglio bianco, il libro si "scrive", non "si fa". Odio il generalismo che pervade il nostro parlare comune, ormai farcito di "cosa, cose, coso". E i verbo "fare" ha sostituito gran parte delle azioni che la lingua italiana descrive specificatamente. Comunque non era quello di cui volevo parlare.
La domanda è quella del titolo del post: che libri leggi?
Personalmente, posso davvero dire di leggere di tutto. Alcuni pensano sia una buona cosa, altri no, ancorati alla convinzione che leggere a tutto tondo non possa portare benefici alla conoscenza.
Ad esempio non apprezzo granché i gialli. In realtà non è che non mi piacciano, perché ne ho pure letto qualcuno, ma credo che la vita sia troppo breve per farmi raccontare come certi intrecci mirabolanti possano davvero svoltarmi la giornata. Da un libro cerco altro, come la caratterizzazione di un personaggio nel quale rispecchiarmi, o il contrario, come in Stoner, dove mi sono incazzato da morire con William, vittima inerte al rotolare di una esistenza ingiusta ma che mai ha provato, con energia e forza d'animo, a mutare.
In un libro, cerco descrizioni accurate ma non pompose, trame elaborate ma non sofisticate, ritmo veloce ma non repentino. E amo leggere una lingua italiana chiara, ma non arrotolata a compiacere sè stessa.
"Leggo solo libri che hanno resistito al battesimo del tempo" disse Watanabe, il protagonista di Norwegian Wood, a un suo compagno di scuola. Il ragazzo leggeva solo libri che fossero stati sugli scaffali delle librerie anche dopo venticinque anni dalla loro pubblicazione. Io non sono proprio così, leggo diverse opere contemporanee e anche alcune uscite che aspetto con trepidazione, ma a volte mi impongo questo ragionamento per il semplice gusto di capire perché un'opera riesce effettivamente ad essere ancora in vendita molti anni dopo. Qualcosa di buono da estrapolare deve avere per forza. Quindi, le considerazioni che faccio sono le solite. Che ognuno deve leggere ciò che vuole e quanto vuole. Non deve trovare scuse se non legge (ne abbiamo già parlato), ma l'importante è farlo con voglia e, a volte, con dolore.


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