Ho notato questo cambiamento in diverse persone, e vorrei provare a capire cosa sta succedendo.
Il discorso: "girano troppi soldi", è vecchio e non sta in piedi. I miliardi prima, i milioni poi, sono sempre girati, proporzionati all'epoca in cui si viveva. Non devono fare scandalo i 43 milioni di euro di stipendio annuo di Messi, o i 222 milioni di euro pagati dal PSG per acquistare il cartellino di Neymar. Ma cosa è che sta cambiando davvero, per la prima volta, nel calcio?
Innanzi tutto, cosa mai capitata prima, il calcio sta aprendo le proprie porte a nazioni dove la cultura calcistica non è mai esistita. Partite di Supercoppa italiana in Cina, Mondiali in Quatar, giocatori a caccia di ingaggi in Oriente a discapito della propria carriera, e molto altro. Queste culture, senza dubbio molto danarose, non hanno la concezione e la passione del calcio europea o sudamericana. Tanti di questi tifosi orientali conoscono solo le squadre e i giocatori più famosi, senza rendersi conto che il calcio vero è quello in provincia, pure in serie A, dove le loro big, le squadre per cui tifano, giocano le partite più sporche e difficili. Da qui, denoto quindi un certo disamoramento dei club nei confronti dei tifosi "locali" a favore dei tifosi, come già detto, danarosi, dei paesi orientali, ma anche Americani (altro paese dove la cultura sportiva è totalmente il contraria di quella europea).
Poi, proprio grazie all'inserimento di questi nuovi ricchi nelle gerarchie societarie dei top team, e all'iniezione di capitali enormi, si è creata una Elite di squadre imbattibili che non lasciano spazio a nessuna concorrente nel campionato della propria nazione. La creazione di una Super League, ma come già ora la Champions League, è un tentativo di scartare i meno forti e giocarsi i trofei (e le ricche sponsorizzazioni) tra chi ha certi tipi di conti correnti, relegando a ruolo di "cantera" le squadre che non possono entrare in questa cerchia di imbattibili.
L'estremismo tattico è un altro punto cruciale. Tutti, anche i calciatori più dotati, sono al servizio della squadra, spesso soffocando i propri istinti naturali di palleggio. Ormai non esistono più i trequartisti con i piedi buoni. Abbiamo un calcio invaso di mezze punte basse e scattanti, dal buon tiro, relegate sulla fascia a creare occasioni o a tirare in porta. Non esiste più la giocata in mezzo al campo, il colpo di genio (non per forza deve portare al goal) che fa alzare in piedi e applaudire. Ora tutto deve essere funzionale a un obbiettivo, cioè vincere, perseguito tramite una tattica asfissiante e un sacrificio collettivo che rende tutto più noioso e meno godibile.
Ultimo punto, poi magari ci tornerò più avanti su questo discorso lungo e complesso: i tifosi.
Inutile nascondersi dietro a un dito. Ogni minuto un amministratore del calcio dice di voler vedere famiglie allo stadio. Il problema è che chi è allo stadio, non vuole le famiglie che stanno sedute a guardare la partita. In un impianto sportivo esistono due scuole di pensiero completamente contrapposte. Chi vuole fare casino e incitare la squadra (spesso vuole fare casino con la scusa di incitare la squadra), e chi si vuole godere serenamente la partita. Ma con la violenza dei primi (e la rivendita dei biglietti a prezzi maggiorati con la complicità delle società), non possono esistere i secondi. Essendo che i primi non li puoi buttare fuori perché tutti hanno "il diritto di", i secondi non hanno voglia di finire in mezzo a qualche rissa, quindi se ne stanno bravi a casa a guardarla alla tv, al caldo, senza dover recarsi nell'impianto fatiscente e pericoloso.
Quindi? Si dice di voler seguire l'esempio inglese, senza sapere che i biglietti negli stadi inglesi (che sono avanti anni luce) costano un occhio della testa. Alzando il costo dei biglietti, si escludono i ceti bassi della società, che sono poi quelli che creano il caos, relegati nei settori più scomodi? Dare dei daspo ai facinorosi funziona? Domande scomode, ma credo che per dare una risposta vera a questo problema, serva andare molto più in profondità, sondando il malessere di una società che trova sfogo solo dentro lo stadio.
Questo appena trattato è un argomento molto ampio a cui tengo particolarmente e sul quale, sicuramente, cercherò di tornare. Ho provato a essere sintetico, ma la sintesi alcune volte rischia solo di banalizzare un discorso che invece ha bisogno di essere approfondito.
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