Tutto segue delle traiettorie. C'è chi lo chiama destino, chi caos, chi Dio.
Sono traiettorie da cui ci divincoliamo ogni secondo della nostra vita, creando nuove traiettorie. Tutto ciò che esiste nello spazio ha una traiettoria.
Anche la scrittura segue una traiettoria che varia ogni lettera che si imprime sul foglio.
Succede perché chi scrive è chi cambia traiettoria nella propria vita ogni attimo che vive, quindi non può esistere che costui abbia la capacità di decidere dove iniziare e dove terminare un racconto, nel caso decidesse di scriverlo, seguendo una scaletta prefissata, parola per parola. Non è naturale, perché il bello di scrivere, come il bello di vivere, è quello di decidere in tempo reale che cosa fare, che cosa dire, seguendo una logica di pensiero o semplicemente un'intuizione, un istinto, una voglia.
Il buonsenso e l'educazioni ci costruiranno i limiti del buonsenso, come uno scrittore ha, di base, i limiti del foglio. Ma entro questi confini, la libertà, la bellezza della scrittura è il voler dire quello che si vuole in qualsiasi forma.
Mettere un freno, aggiungere catene a questi spazi tramite l'uso sconsiderato di scalette, di appunti troppo precisi, di numeri di pagine e di parole, è come mettersi un limite alla vita, escludere a priori diverse traiettorie perché troppo audaci o, come si dice ora, troppo distanti dalla nostra comfort zone (parola aberrante che mi mette i brividi).
Quindi, liberi tutti. Fedeli al vecchio motto: "Faccio quello che mi pare", aggiungo: "Scriviamo quello che ci pare".
Che poi è il motivo per cui ho aperto questo blog.
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