Un paese enorme, una cultura antica, la grande ricchezza della casta e l'immensa povertà degli slum. Città enormi e baraccopoli infinite. L'India, il grande paese che fa da sfondo (ma anche un po' da protagonista) a Shantaram di Gregory David Roberts.
Gregory David Roberts scrive questo immenso tomo come un diario di vita. Una biografia capace di raccontare l'esperienza dello scrittore in fuga da un prigione Australiana, e quindi latitante, in questo immenso paese. Roberts è un poco di buono, eroinomane, criminale, ma l'umanità con cui scrive questo libro ci fa tifare per lui dal primo minuto.
Prima di tutto Gregory è un uomo, una vittima di se stesso, e Shantaram è sopratutto la sua redenzione nei confronti del mondo. Diventerà medico di uno slum, poi mafioso, insieme criminale e paladino della giustizia dei deboli in lotta con l'infinita corruzione dei poteri indiani. La sua vita è bene o male, bianco o nero. Non esiste via di mezzo tra queste pagine. È un libro così profondo, intriso di umanità e capace di raccontare l'India "degli ultimi" che ci troveremo immediatamente a sudare in uno slum ballando a ritmo di canzoni popolari. Conosceremo decine di personaggi buoni, cattivi e ambigui, ma ognuno con una sua storia. Ciò che bisogna sempre tenere a mente leggendo Shantaram è che tutto è reale, tutto è successo. Anche se sembra impossibile. Se lo leggerete, preparatevi a vedervi disintegrare i pregiudizi sul questo immenso paese che è l'India. Ma del resto: non è per questo motivo che esiste la letteratura?
"Mi sono macchiato di molti crimini - di quasi tutti I crimini in effetti - ma non ho mai spacciato per mia una frase brillante di qualcun altro".
Il bus della scalcagnata Veterans' Bus Service, una compagnia di veterani dell'esercito indiano, è appena arrivato al capolinea di Colaba, la zona di Bombay dove si concentrano gli alberghi a buon mercato. Greg è il primo a mettere piede sul predellino e a farsi largo tra la folla di faccendieri, venditori di droga e trafficanti d'ogni genere in attesa davanti alla portiera. Ha una chitarra a tracolla, un passaporto falso in tasca e un turbinio di pensieri ed emozioni in testa. Nel tragitto dall'aeroporto a Colaba ha pensato di essere sbarcato in una città dopo una catastrofe. Davanti ai suoi occhi si è spalancata una distesa sterminata di miserabili rifugi fatti di stracci, fogli di plastica e carta, stuoie e stecchi di bambù. In preda allo stupore, Greg ha visto donne bellissime avvolte in stoffe azzurre e dorate incedere a piedi nudi in quella rovina, e uomini dai denti candidi e dagli occhi a mandorla, bambini dalle membra incredibilmente aggraziate. Ovunque, poi, aleggiava un odore acre e intenso. Quell'odore in cui, a Bombay, fiuti di colpo l'aroma del mare e il metallo delle macchine, il trambusto, il sonno, la lotta per la vita, i fallimenti e gli amori di milioni di esseri umani. Greg è un uomo in fuga. Dopo la separazione della moglie e l'allontanamento dalla sua bambina, la vita si è trasformata per lui in un abisso senza fine. Era un giovane studioso di filosofia e un brillante attivista politico all'università di Melbourne, è diventato «un rivoluzionario che ha soffocato i propri ideali nell'eroina», un «filosofo che ha smarrito l'integrità nel crimine», uno dei «most wanted men» australiani, condannato a 19 anni di carcere per rapina a mano armata, catturato e scappato dal carcere di massima sicurezza di Pentridge.
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